Laste di Rocca Pietore - Pagaruòi e la Donàcia

 I Pagaruòi o panevin a Laste di Rocca Pietore prevedevano un piccolo falò (pagaruol) e un falò più grande per la Donàcia.

Il falò per la Donàcia era altissimo: la pertica su cui si accatastava la legna era composta dall’abete tagliato nel bosco dai coscritti.

L’albero veniva tagliato nel bosco qualche giorno prima; poi veniva portato sul luogo dove lo si doveva innalzare e dove già si era scavata la buca. Lo si coprivava dei rami più bassi, lo si dotava delle fascine da ardere e quindi si infilava la parte bassa nello scavo, tamponandola con neve che veniva poi bagnata in modo da ghiacciare e serrare definitivamente il palo.

© Secco Gianluigi 2001 – AUTORE – Mata 

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Il corpo della Donàcia era formato dai rami stessi dell’abete, ai quali si aggiungevano mannelli di paglia che si raccoglievano per le case del paese; la testa fatta da una grane palla di carta con un grande lenzuolo annodato ( a simulare il fazzoletto). Era tradizione raffigurare il viso con le caratteristiche fisiche della donna più vecchia del paese, che era orgogliosa di poter “essere bruciata” come buon auspicio per se stessa che per tutta la comunità. 

Eh, ma nona Ia (Maria) i l à bru§ada no sè quante ote percié che l éva séinper ela la pi végia del pais (Lina Murer, Laste di Rocca Pietore).

Prima veniva dato fuoco al piccolo pagarùol: al termine del falò, dalle braci si prendevano i tizzoni per dal fuoco alla Donàcia (vecchiaccia). Solitamente questi tizzoni (maz) erano preparati dai nonni per i nipoti che poi li roteavano nel buoi della notte, dimostrando a chi partecipava ai pagaruòi  che i ghe bru§éa la coda a la Donàcia (bruciavano la coda alla vecchia) e cantavano:

Pagarùoi e pagarèle, 

che le biave vegne bèle, 

la Donacia su n ciamin,

che la magna pan e vin,

che la magna pan e stopa 

… la Donacia la se copa!

Laste di Rocca Pietore - Pagaruòi e La Donàcia

Laste di Rocca Pietore – Pagaruòi e La Donàcia

La Leggenda della Donàcia

«La Donàcia, la sera dei Pagaruói (la vigilia dell’Epifania) risale da le Crépe da Ceola (località lastesana) e prepara la gran cena ai Donacìn (i suoi dodici figli): allarga tutti i piatti nella spianata detta ‘delle Céole’ e dopo sale sul campanile a prendere il battacchio della campana maggiore per tirare la sfoglia per fare i ravioli (i caciunciéi) ai Donacin. Allora, una volta, era tutta indaffarata: aveva steso tutti i piatti per terra ed era intenta a preparare la cena.
Quello stesso giorno, però, c’era stata la fiera a Selva di Cadore ed il signor Barbana (cognome molto diffuso a Laste) vi si era recato per acquistare un paio di buoi e là, alla fiera, aveva osservato bene gli animali perché voleva acquistare i più belli. Dopo averli individuati, comincia a trattarli col mercante: – costano così … eh no -; e l’altro: – Non te li vendo i buoi, voglio tanto e tanto… – Vanno in osteria, bevono un bicchiere di vino e, alla fine, l’affare si conclude. Il Barbana prende la sua pariglia di buoi e cammina, cammina, cammina … ma aveva fatto talmente tardi che ormai era notte fonda. Quando arriva alle Céole con i due buoi, sente tutto un tramestio: le bestie avevano calpestato i piatti dei donacìn che la donàcia aveva sistemato in terra mentre preparava i ravioli (i caciunciéi).
Preso dalla paura, pungola allora i buoi e va di corsa verso Moè dove si rinchiude, con le bestie, in stalla.
La donàcia, che era salita sul campanile per prendere il battacchio, non appena sente il rumore dei piatti rotti, scende di corsa e rincorre l’uomo, ma arriva a Moè che già l’uomo si trova in salvo nella sua stalla, con la porta ben chiusa.
Allora la vecchia appoggia la mano contro la porta e dice: móriam te o móriam bò?
Il povero signor Barbana, chiuso nella stalla, tutto tremante, ci pensa sopra … Eh, móriam te o móriam bò … chissà che vuol dire … è già, perché i buoi li aveva pagati cari; alla fine risponde: – E va bene, móriam bò! Così, dopo un poco, non sentendo più alcun rumore pensa: Grazie a Dio, se n’è andata e non mi è successo niente! Così aspetta ancora un momento e poi se ne va a casa e racconta tutto alla moglie. – Non lo so – dice lei – se la Donacia lascerà perdere. – Non ti preoccupare, intanto andiamo a dormire e domani sarà quel che sarà! Però, la mattina dopo, ha fretta di alzarsi per andare in stalla a controllare. Va alla stalla e vede che sulla porta c’è l’impronta bruciata della mano della Donacia.
Apre la porta, tutto tremante, e trova il più bello dei buoi della pariglia in terra morto … e ancora oggi si può vedere l’impronta bruciata della mano della Donàcia, sulla porta della stalla del signor Barbana» ( Leggenda narrata da Lina Murer).

 

Testo di Elisa Manfroi

Bibliografia

© Secco Gianluigi 2001 – AUTORE – Mata 

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