Notte di S. Giovanni, Solstizio d'estate, Tradizioni delle Dolomiti

Il solstizio d’estate (21 giugno) indica l’inizio della stagione estiva: sono i giorni più lunghi dell’anno quando il giorno è più lungo della notte.

La Festa pagana era legata all’agricoltura e caratterizzata dall’accensione di grandi fuochi per propiziare ed aiutare il Sole, che da questo momento aveva “meno forza”, in quanto le ore di luce diminuivano gradualmente fino al solstizio d’inverno (21 dicembre). Il fuoco era propiziatorio per i raccolti, si facevano previsioni sui raccolti e sull’andamento della stagione estiva, ma era anche elemento purificatore per tutti coloro che si trovavano attorno a esso. Il momento del falò era anche momento di ritrovo della comunità, con particolari riti “magici” per  sugellare le amicizie e  trovare l’amore.

Fuochi Propiziatori, Solstizio, Notte di S. Giovanni

Fuochi Propiziatori, Solstizio, Notte di S. Giovanni

Con l’avvento del Cristianesimo, la festa pagana e i suo riti propiziatori è stata “trasformata” nella Festa di San Giovanni, o meglio detta, la notte di S. Giovanni Battista che cade tra il 23 e il 24 giugno. Da centinaia d’anni durante la notte di San Giovanni, chiamata anche Notte di Mezza Estate, riti ed usanze popolari celebrano i giorni del Solstizio d’estate (21 giugno),

Oltre al fuoco, l’elemento fondamentale è l’acqua (legata a San Giovanni Battista come colui che battezzò Gesù): la rugiada al mattino è l’elemento che caratterizza molti riti propiziatori per giovani innamorati o che stanno cercando l’amore.

Anche le erbe selvatiche e i fiori di campo hanno un significato tutto magico ma soprattutto proprietà benefiche se raccolte proprio durante la notte più corta dell’anno.

E in Agordino cosa si fa nel giorno più lungo e nella notte più corta che ci sia?

Fuoco

In alcuni paesi sono tipici i fuochi propiziatori di San Giovanni: al calar delle tenebre inizia l’antico rito del fuoco che oggi assume il significato stretto di riunire le persone della comunità attorno alle fiamme. In alcuni paesini, ancor oggi i ragazzi lanciano delle rotelle infuocate (cìdole o rodèle) facendo il nome dell’amata (tradizione molto radicata in Cadore e in Friuli Venezia Giulia – Tir des cidulis).

Le campane di tutte le chiese di tutti i paesi venivano suonate dagli uomini: il suono serviva a tenere lontano gli spiriti maligni, o le streghe, che non dovevano raccogliere erbe e fiori, ma soprattutto non dovevano distruggere i raccolti.

Acqua

Si credeva che l’acqua di San Giovanni avesse proprietà curative ed essendo stata preparata nella notte magica tra il 23 e il 24 giugno avesse il potere di portare amore, fortuna e prosperità.

 Le ragazze, quelle più ardite, si rotolavano sui prati la sera della vigilia di San Giovanni, per inumidirsi di rugiada, il che le avrebbe favorite nella ricerca del moros (il fidanzato). Altre, col medesimo intento, si accontentavano di stendere le lenzuola sull’erba affinché si inzuppassero della benedetta bruma; con quelle poi si avvolgevano nell’intento di bagnarsi ed ottenere il beneficio. Lo stesso si poteva acquisire anche raccogliendo fiori bagnati con la medesima rugiada, che andavano poi messi nell’acqua bollente del tinozzo procedendo ad un bagno di vapore. Altre stendevano il grembiale sulla lattuga dell’orto, lasciandolo inumidire: indossandolo il giorno dopo, erano certe che il nome del primo giovane incontrato sarebbe stato il medesimo di quello del futuro sposo. Le donne maritate, col bagnare le parti intime con la rugiada di San Giovanni, credevano di rimanere più facilmente incinte. Si credeva che la rugiada di San Giovanni, raccolta, conservata e massaggiata sulla pelle la rendesse bella e la guarisse eventualmente dalla scabbia o da altre malattie cutanee ma soprattutto potenziasse le facoltà di tutte le erbe medicamentose che venivano raccolte bagnate del suo umore. Così pure, sporcarsi con l’erba de San Giovani (l’iperico), che è contrassegnata da una puntinatura rossa (come il sangue del martire decapitato) significava tenere lontano e salvarsi dalle strigherìe di ogni sorta.

©Secco Gianluigi (Autore) – 2001 – tratto da “Mata” capitolo n°17 – Archivio di raccolta dati http://www.venetrad.it/

Ancora oggi possiamo ricordare queste antiche Tradizioni preparando l’ acqua di S. Giovanni: la sera del 23 giugno raccogliete fiori di prato, meglio se in numero dispari, ma anche erbe aromatiche selvatiche  come melissa, menta, finocchio selvatico selvatico, insomma quello che trovate a portata di prato.

Immergeteli i fiori raccolti ( preferibilmente dopo il tramonto del 23 giugno) in un ciotola piena d’acqua e lasciateli dormire all’aperto, tutta la notte, in compagnia del buio e della Luna. La magica e benefica rugiada del mattino farà il resto della magia. Al mattino bagnatevi e lavatevi mani e viso con quest’acqua profumata, ricca di energia positiva e di buoni auspici per il futuro.

Le donne anziane, un tempo, invece tenevano i fiori raccolti nei prati con proprietà curative come riserva medicinale.

Tradizioni alpine del Solstizio d'estate, la notte di S. Giovanni

Tradizioni alpine del Solstizio d’estate, la notte di S. Giovanni

Fiori ed erbe

In Agordino i fiori chiamati di San Giovanni (San Doàne, San Gioani, San Zuàne ) sono diversi a paese a paese, ma ricordiamo quelli che un tempo venivano raccolti per preparare l’acqua di San Giovanni o semplicemente venivano raccolti ed essicati in corone o mazzetti: l’iperico, il ranuncolo dei prati, la lupinella o sanofieno, la salvia dei prati, il trifoglio bianco, orecchio di lepre, il giglio bianco  e il giglio rosso ( conosciuto con il nome di Giglio d S.Giovanni perché fiorisce a fine giugno e il 24 giugno è, appunto San Giovanni).

Il fiore chiamato di San Giovanni è l’iperico pianta medicinale chiamata, appunto, erba di San Giovanni con cui si preparava l’Olio di San Giovanni.

Mia nonna quando ero piccola e cadevo in bicicletta, era solita prendere dall’armadietto dei suoi rimedi naturali, un boccettina di olio che mi sfregava sulla ferita con un piccolo batuffolo di cotone… Ero una curiosona così le ho chiesto cos’era quella “medicina” rossa…L’oio de S. Gioani popa!! (dialetto di Cencenighe Agordino n.d.r) Ora vi spiego come si prepara l’Olio di S. Giovanni, è facilissimo..

Tra il 23 e il 24 giugno raccogliete l’iperico, chiamata anche erba di S. Giovanni proprio perchè pare che abbia la sua fioritura massima in questa notte magica ( si celebrava il solstizio d’estate ). Raccogliete i fiori nei prati, metteteli in un vaso di vetro, aggiungete olio al cardo o olio di girasole e lasciate riposare il tutto per 40 giorni, rigorosamente al buio. Otterrete un olio di colore rosso, indicato per ferite, scottature, punture di insetti, ematomi… Insomma va bene un pò per tutte le irritazioni o abrasioni della pelle…..E si sa….I rimedi della Nonna funzionano sempre, per definizione!

Con l’ iperico si preparava l’oio de San Doane, ottimo contro le scottature o usato per frizioni in caso di crampi o contratture (su cui S. Giovanni è protettore), tinture, con tiglio e avena, usate in gocce come calmanti antidepressivi, o si facevano infusi con ginepro, salvia, timo da bere per disinfettare le vie urinarie.

Tratto da Miti in Canto – © Secco Gianluigi 2013  – http://www.venetrad.it

Olio di San Giovanni - Tradizioni alpine, solstizio d'estate

Olio di San Giovanni – Tradizioni alpine, solstizio d’estate

…. E allora prepariamoci a festeggiare la notte più magica che ci sia… la notte del Solstizio d’estate o di San Giovanni: quando il giorno è più lungo della notte e la notte dura un battito d’ali..

Tradizioni alpine , Solstizio d'estate, la notte di S. Giovanni

Tradizioni alpine , Solstizio d’estate, la notte di S. Giovanni

 

Testo di Elisa Manfroi

Bibliografia

G. B. Rossi, Vocabolario dei dialetti ladini e ladino-veneti dell’agordino, Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, Belluno, 1992

Vito Pallabazzer, Lingua e cultura ladina, Istituto Bellunese di Ricerche Sociali e Culturali, Belluno, 1989

©Secco Gianluigi (Autore) – 2001 – tratto da “Mata” capitolo n°17 – Archivio di raccolta dati http://www.venetrad.it/

Civiltà Agricola agordina di G.B. Rossi

Il minatore Agordino di E. Giorgis, da “Il S.Giovanni Battista nell’Agordino” di Francesco Pelligrini

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